Intensità, dal carico alle ripetizioni: Il Metodo

In questi ultimi giorni si è discusso parecchio nel gruppo facebook Bodybuilding Revenge sull’Heavy Duty, cos’è l’alta intensità, come e quando approcciarsi ad un allenamento volto all’ipertrofia.

carico-intensitàInnanzitutto culturismo (o bodybuilding) e pesistica sono due cose completamente differenti (per certi versi agli antipodi) e le uniche cose che condividono sono dischi, manubri, bilancieri e panche. Difatti il culturismo si configura come un vero e proprio “fork” della pesistica, con obiettivi, principi e protocolli di allenamento differenti. Detto ciò, diamo un’occhiata alle storture presenti nell’allenamento culturistico: partiamo dal concetto di intensità e dal ruolo ricoperto dal carico. Per intensità molti sottintendono la fatica e lo stress percepito, molte tecniche di intensità difatti aumentano esponenzialmente il livello di stress che peserà molto sul snc; nella pesistica ci si riferisce all’intensità come alla % del carico usato, alta intensità vorrà dire carichi prossimi al massimale. Dunque abbiamo lo stesso termine inteso in due modi completamente differenti, qual è quello esatto in un allenamento culturistico? Ne l’uno ne l’altro, in modo assoluto.

«Nel culturismo il concetto d’intenstà dovrebbe differire da quello nella pesistica, poichè bisognerebbe traslarlo dal carico alle ripetizioni»

Ovvero non si dovrebbe parlare di massimale sul carico, ma di massimale sul numero di ripetizioni… non avete capito? Cercherò di essere ancora più chiaro.
Il massimo carico che si riesce a sollevare in una ripetizione (o una % del medesimo che si riesce a sollevare per N ripetizioni) è un parametro ereditato pari pari dal mondo della pesistica (e degli allenamenti per la forza), il quale nel tempo è stato adattato all’allenamento culturistico e ai relativi programmi… ma è una forzatura che mal si concilia con gli obiettivi e i protocolli tipici dell’allenamento culturistico!
Dunque dovremmo riferirci (in ambito culturistico) all’intensità come la % di ripetizioni rispetto a quelle massimali che riusciremmo a fare con un dato carico, in cui sussistono parametri che apportano variabilità sul loro effettivo numero e quindi sull’intensità del cedimento.

Faccio un esempio per capire meglio: 8 ripetizioni con l’80% 1RM condotte con un tempo di 4-0-4 presuppongono un’intensità di cedimento molto maggiore (difficilmente anzi si riesce a concludere la serie o a farlo rispettando i tempi d’esecuzione) che farle con un tempo 1-0-1, e varierà anche l’impatto metabolico. Quindi questo è il primo nodo che viene al pettine, ossia prendere come riferimento (nel culturismo) la % del carico risulta fuorviante e poco adatta proprio perchè non è la progressione sul carico che ci interessa allenare.

«Nel culturismo conta come lo alzi il carico e non quanto ne alzi»

Questa cosa non smentisce però il principio secondo cui “carichi submassimali (tra 80-90% 1RM) aumentano il reclutamento delle fibre muscolari”, dunque non smentisce che l’alta intensità (come riferimento al carico) non sia direttamente funzionale all’ipertrofia.
Allenamenti condotti secondo il “progressive overload” prevedono aumenti graduali in volume ed intensità, a cui alcuni guru hanno aggiunto ulteriori tecniche d’intensificazione (o per meglio dire di aumento della fatica percepita) che dovrebbero risolvere un altro grosso problema: gli stalli sulla progressione. Un approccio del genere presuppone obbligatoriamente di giocare sempre al rialzo;

quando ciò è fattibile senza invertire il rapporto tra potenziale anabolico e catabolico mantenendo una progressione utile?

In due soli casi è possibile farlo:

  • quando si è agli inizi del proprio percorso (o nel caso si ha ancora ampio margine di progressione)
  • quando una volta raggiunto lo stallo o il limite del proprio potenziale (le due cose non sempre coincidono) viene introdotto il fattore doping.

Dunque contrariamente a quello che fin ora molti hanno sempre sentito o letto a proposito di sovrallenamento, stallo, e quant’altro, le cose stanno nel modo opposto: chi dovrebbe ridurre la frequenza allenante, il volume d’allenamento e aumentare l’intensità del medesimo, sono gli atleti avanzati quelli in cui il margine di crescita è ormai risicato; ecco perchè spesso approcci infrequenti (condotti in monofrequenza e split routine), poco voluminosi, poco orientati alla progressione generale, si rivelano fallimentari in chi ha ancora un buon margine di crescita. Dunque perchè non sfruttare l’occasione e prendere più piccioni con una fava?

Potenziale di adattamento e “resistenza all’anabolismo”

Ho parlato di sovrallenamento, il che tira in ballo anche il fattore recupero; proprio su questa cosa si è diffusa l’idea che specialmente nel neofita bisognava contenere i fattori che più che nell’avanzato potessero condurlo al sovrallenamento (in realtà come detto le cose stanno in modo opposto). Io credo in realtà che il tempo di recupero centri relativamente poco quando sussistono casi in cui la progressione sulla crescita sia rallentata o fermata (oppure vada a gonfie vele), bensì c’entra la velocità e la qualità con cui si instaura l’adattamento metabolico e/o psicomotorio portando in negativo il bilancio anabolismo/catabolismo; ogni soggetto ha un “potenziale di adattamento”, quelli che lo esprimono meno avranno anche meno problemi sulla progressione ipertrofica.
Si potrebbe parlare praticamente di una forma di “resistenza all’anabolismo

«Soggetti meno resistenti sono anche i medesimi che poco si adattano (in termini di velocità e qualità) a livello metabolico e/o psicomotorio e che riescono ad esprimere meglio il loro potenziale ipertrofico, mantenendo positivo il bilancio fra anabolismo/catabolismo»

Da questo fatto ne nasce un altro, ossia che non è quanto si recupera che incide in maniera prioritaria sulla crescita muscolare, ma in buona parte come si recupera dipende dalla nostra capacità di addattarci; sembra un controsenso a livello atletico il fatto che un’attività (il culturismo) abbia come presupposto per riuscire nel migliore dei modi, la scarsa capacità di adattamento agli stimoli; quello che in un pesista, in un maratoneta, in un ginnasta, ecc potrebbe rappresentare un deficit atletico, nel culturismo rappresenta invece una dote che spesso non tutti possiedono. Dunque credo che il sovrallenamento esiste, ma non che sia la causa di ogni stallo o della perpetua difficoltà di crescita.
Ancora una volta abbiamo visto come il culturismo sia un attività a se, che non condivide quasi nulla con le altre discipline atletiche (compresa la pesistica) propriamente dette.

Dall’1RM all’intensità del cedimento

«Bisogna spostare l’attenzione dalla % del carico a cui si possono eseguire N ripetizioni, alla % di ripetizioni eseguibili con un dato carico (e dunque alla relativa intensità del cedimento)»

Stabilito ciò, vediamo come procedere praticamente. Il massimale sulle ripetizioni prevede l’esecuzione di 5-7 ripetizioni eseguite con fluidità in cui avremo il massimo grado di cedimento (riferito a quello tecnico) preferibilmente alla quinta. Abbiamo cosi ottenuto le nostre ripetizioni massimali, da cui indirettamente ricaveremo anche il valore assoluto del carico usato, mettiamo il caso che il carico sia stato di 100kg. Vogliamo fare un allenamento che preveda 8 ripetizioni effettuate con una cadenza 4-0-4 arrivando a cedimento, se prendessimo a riferimento la % sull’1RM dovremmo stare intorno a 85-90kg ma nella realtà non è praticabile tranne se si lavora a buffer. Rapportandoci invece alla % sul massimale delle ripetizioni le cose stanno in modo completamente diverso; dato che l’intensità del cedimento è il parametro che dobbiamo prendere in cosiderazione, basterà fare una semplice uguaglianza:

Massime ripetizioni : % I.C.M. = N. ripetizioni : X (% I.C.R.)

dove I.C.M. = intensità cedimento massimale e I.C.R. = intensità cedimento relativo

Il valore X rappresenta dunque l’intensità del cedimento relativo alle N ripetizioni di cui è composta la nostra serie, ma manca un altro paramentro che influenza l’intensità del cedimento relativo e si tratta del TUT; nel caso esempio 8 secondi tra concentrica ed eccentrica. Per inserire anche questa variabile, basterà dividere la X per la metà del valore del TUT, ossia 4; vediamolo in numeri.

5 Ripetizioni : 100% I.C.M. = 8 rip. : X → X=160%

Abbiamo ottenuto la % dell’intensità di cedimento relativa, ora aggiungiamoci la variabile data dal TUT:

X/(TUT/2) → 160/(8/2)= 40%

Il valore ottenuto (40%) rappresenta l’intensità di cedimento relativo al numero N di ripetizioni in funzione del TUT con cui andremo ad eseguire le N ripetizioni che compongono la nostra serie; da questo 40% possiamo poi trarre anche il carico come valore assoluto da utilizzare, rispetto al 100% I.C.M. ossia 40kg (dato che 100kg era quello ottenuto dalle 5 ripetizioni massimali).

Il nostro carico di lavoro per le 8 ripetizioni eseguite con con un TUT 4-0-4 sarà di 40kg.

Come si può ben notare, il carico resta una variabile prettamente in funzione di tutto il resto e non ricopre più un ruolo centrale, proprio perchè ciò che ci interessa non è la progressione sul carico in quanto tale ed è per questo che il sistema tradizionalmente usato (quello dell’1RM) che va bene nell’approccio alla forza, mal si adatta in ambito culturistico poichè non contempla altre variabili che possono influenzare l’esecuzione della serie.
Nel corso degli allenamenti, ci saranno comunque dei micro aggiustamenti sul carico (di 1-2kg) proprio in virtù del fatto che la forza pur essendo un adattamento pressochè neuronale, dipende anche dalla dimensione della sezione trasversa del muscolo; dunque per mantenere stabile la % di cedimento relativo al numero di ripetizioni impostate, dovremmo aggiustare il carico strada facendo.
Il fatto che utilizziamo carichi relativamente bassi per fare ipertrofia, a qualcuno farebbe storcere il naso ma in realtà in ambito culturistico è una cosa positiva poichè ci assicura un margine di progressione (sul carico stesso) più ampia e dilazionata nel tempo; ribadisco che la nostra priorità non è la progressione sui carichi in senso assoluto.

A questo punto c’è da chiedersi quale sia il TUT migliore da utilizzare, ebbene prima bisognerebbe fare una premessa importante. Le fasi nell’esecuzione di ogni esercizio sono 3: concentrica, isometrica, eccentrica; ogni fase ha un tempo d’azione, la sommatoria dei tre tempi ci da il TUT della ripetizione.

Qual è dunque il TUT migliore da utilizzare e l’intensità del cedimento?

Qui giungiamo ad un altro fatidico nodo, ebbene tutto dipende dal numero di ripetizioni e dalla % di cedimento relativo a cui vogliamo lavorare, e che non dovrebbe essere inferiore al 45-50%; se ci rifacciamo all’esempio numerico precedente, il TUT dovrebbe essere compreso fra 5-7 secondi a ripetizione (tra concentrica, isometrica, eccentrica).
In linea di massima bisogna restare esplosivi in concentrica, isometrici (in massimo stretch negli esercizi di spinta, massima contrazione in quelli di trazione) e resistenti in eccentrica; dunque un tipico TUT 1-2-3 su 8 ripetizioni come nell’esempio, può essere un buon compromesso.

Si tratta dunque di fissare delle priorità sulle variabili menzionate, ossia sul numero di ripetizioni, sul TUT e sulla % del cedimento da tenere durante la serie; alla luce di ciò i vostri calcoli dovranno essere in funzione della variabile a cui avete assegnato la priorità più alta. Se la vostra priorità è mantenere un numero preciso di ripetizioni, allora tutto il resto sarà in funzione di questo, se invece è lavorare ad una ben precisa % di cedimento allora il numero delle ripetizioni e il TUT saranno in funzione di questo… e cosi via. L’unico fattore consequenziale sarà sempre il carico, poichè nulla viene stabilito in funzione di esso.
Il modo utile è quello di dare la massima priorità alla % del cedimento, su questa potete misurare la progressione alternando periodi a bassa e alta intensità, da cui deriveranno alte o basse ripetizioni e alto o basso TUT.

Strutturare una routine

Innanzitutto partiamo dal misurare il 100% del cedimento sulle 5 ripetizioni:

  • 2 serie mantieni peso di riscaldamento da 10 ripetizioni
  • 2 serie di avvicinamento, da 8 e 6 ripetizioni (entrambe con un buon buffer). Vi serviranno per capire l’aggiustamento finale sul carico per le 5 ripetizioni.
  • 3 minuti di pausa tra le due serie.

Successivamente si passerà ad impostare la % dell’intensità sul cedimento per le ripetizioni con cui lavoreremo nei wo successivi; dunque bisogna avere una % minima del 45-50%, che ci calcoleremo anche in base al TUT oltre che al numero di ripetizioni che vorremo usare (facendo quel semplice calcolo esposto prima). Una regola generale è quella di mantenersi tra le 6-8 ripetizioni e con un TUT che ci permetta di essere esplosivi in concentrica, 2 secondi isometrici, e resistenti in eccentrica; ma ovviamente come potrete vedere, si può giocare come meglio si crede con le variabili in funzione degli stimoli ricercati.

Quante serie per ogni esercizio? Quanti esercizi per ogni gruppo muscolare e quanto recupero tra le serie?

Un buon compromesso sono 3 serie (ad esempio a cedimento progressivo, ossia di serie in serie aumentate la % del cedimento sul numero delle ripetizioni impostate per l’esercizio); qualora lo sviluppo delle masse sia omogeno, basta un esercizio multiarticolare fondamentale e il multiarticolare complementare di riferimento (2 complementari multiarticolari se non si lavora in full body) per gruppo muscolare. Il recupero tra le serie oscilla tra 90-120 secondi, aumentando di 30 secondi tra le serie qualora si lavora con una % dell’intesità sul cedimento più alta, o secondo necessità vi regolate.

Si può impostare il wo secondo schemi piramidali (partendo dalle variabili precedenemente dette e mai dal carico), in monofrequenza o multifrequenza, spilt o full body… insomma quasi tutto quello che normalmente si usa fare; la differenza starà nel fatto che si abbandona l’idea del carico come fattore primario da cui dipenderà il resto delle variabili, dando invece priorità all’intensità del cedimento sulle ripetizioni.

Conclusione

Questo è un metodo apparentemente complesso ma in realtà molto semplice da applicare, che da maggior spazio di manovra nella strutturazione del wo tenendo conto del livello d’intensità che esso presuppone in funzione di variabili importanti nel culturismo, molto più del carico in quanto tale. Di fatto si riesce a spostare l’attenzione dal carico all’intensità sulle ripetizioni.

Enzo McKloud

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